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Resistenza alle terapie

Perché i tumori resistono alle terapie?

Chiunque credo si sia domandato perché dopo una chemioterapia residuano cellule tumorali e perché la stessa terapia non possa essere ripetuta oltre un certo numero di cicli poiché diventa inefficace… Ebbene la risposta è nella policlonalità della malattia tumorale e nei meccanismi di resistenza che le cellule malate acquisiscono.

Mi spiego meglio ed in parole più comprensibili: quando iniziamo un trattamento per un tumore passiamo tra le cellule come un rastrello tra le erbacce. Come il rastrello non toglie tutte le erbacce così la chemioterapia non porta via tutte le cellule tumorali.

Esse sono diverse tra di loro perché nello sviluppo della malattia neoplastica le cellule aberranti continuano a replicarsi dando vita a famiglie di cellule sempre diverse tra loro. Inoltre anche le cellule tumorali tentano di sopravvivere e quando ritrovano nel loro ambiente sostanze tossiche (i chemioterapici) tentano di attivare nuove vie metaboliche e nuovi stratagemmi per evitare di morire e per tentare di inattivare i farmaci.

Si può desumere per lo stesso motivo che le cellule abituate per loro funzione ad entrare in contatto con sostanze potenzialmente tossiche (la mucosa intestinale, le cellule delle vie respiratorie, le cellule delle vie urinarie, le cellule delle vie biliari e del fegato) posseggono e sviluppano dei meccanismi di resistenza ai chemioterapici molto efficaci.

Per tali motivi in genere si impiegano delle polichemioterapie (cioè delle chemioterapie a più farmaci) per tentare di aggirare le difese cellulari.

Così le varie linee terapeutiche sono via via meno efficaci: un primo trattamento risulterà più efficace di un secondo e così via sin quando il bilancio rischio/beneficio non diventa sfavorevole e non è più il caso di trattare ma di effettuare semplicemente una valida terapia di supporto.

Dr. Carlo Pastore

Il melanoma

Il melanoma

Tra le neoplasie della cute certamente è la più temibile. Tale tumore origina dai melanociti, le cellule che producono la melanina che difende il nostro organismo dagli effetti dannosi dei raggi UV.

Inutile dire che l’esposizione eccessiva ai raggi solari favorisce l’insorgenza di tale patologia ed inutile dire che la prevenzione con visite dermatologiche periodiche è altamente consigliata. La tempestività nella diagnosi rappresenta infatti la vera arma in più. Per quanto riguarda gli approcci medici alla malattia, il primo presidio è la chirurgia.

L’asportazione allargata della lesione rappresenta infatti il primo procedimento curativo e quando la malattia è limitata per dimensione non occorre altro. Se vi è evidenza di malattia localmente avanzata è opportuno un trattamento medico adiuvante.

Diversi farmaci possono essere impiegati ed in primo luogo stimolatori della risposta immunitaria essendo il melanoma sensibile al controllo effettuato dalle cellule dell’immunità nell’organismo. In particolare parlo della somministrazione di interferone ed interleuchina.

La malattia metastatica si giova anch’essa di terapia medica con farmaci quali la dacarbazina, la temozolomide, la fotemustina (oltre ovviamente interferone ed interleuchina se non sono stati impiegati in precedenza). Il melanoma è una malattia capricciosa che può talvolta andare in remissione spontanea per anni, oppure avere un decorso rapidissimo od ancora ripresentarsi a distanza di 20 o più anni.

I siti metastatici tipici di questa malattia sono i linfonodi, il fegato, i polmoni, il cervello. Quale il ruolo di radioterapia ed ipertermia? Il melanoma risponde purtroppo scarsamente ai trattamenti chemioterapici ed in caso di lesioni strategiche (che determinino effetto compressivo o dolore) è opportuno associare l’ipertermia e/o la radioterapia.

Dr. Carlo Pastore

Tempestività dei trattamenti

Tempestività dei trattamenti oncologici

“Dottore, aspetto di riprendermi e poi inizierò le terapie…”. Quante volte mi è capitato di ascoltare questa frase..

Certamente i trattamenti antitumorali spesso risultano impegnativi (anche se oggigiorno molto meno di un tempo data la disponibilità di molti antidoti per gli effetti collaterali) ma occorre essere tempestivi. Uno degli esempi più classici di quanto la tempestività sia importante è l’applicazione di una chemioterapia o di una radioterapia adiuvante dopo la chirurgia.

Il paziente dovrebbe intraprendere un trattamento adiuvante (vedi altro articolo sul sito) entro un mese dall’asportazione chirurgica del tumore. Questo perché se eventualmente è presente malattia minima residua i farmaci si debbono confrontare con poche cellule rispetto a quelle che si troverebbero nell’organismo dopo due mesi, tre mesi e cosi via.

In caso di malattia metastatica poi non vi può essere ripresa senza una terapia antitumorale specifica (a meno che non ci si trovi in una condizione di bilancio rischio/beneficio sfavorevole ed in tal caso sia meglio optare per la miglior terapia di supporto).

Questo perché è la stessa presenza delle cellule tumorali a disturbare l’organismo. Le sindromi paraneoplastiche, il metabolismo in perdita del tumore, l’effetto massa inficiano le risorse del corpo debilitandolo inevitabilmente.

Solo delle terapie antitumorali specifiche possono portare un miglioramento. Il trattamento ipertermico stesso risulta un ottimo coadiuvante e dovrebbe essere attuato prima che possa rappresentare l’ultima spiaggia nel momento in cui nessuno sa più cosa fare.

Dr. Carlo Pastore

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