Chemioterapia nel paziente anziano
La chemioterapia nel paziente anziano
Le neoplasie in generale e talune in particolare colpiscono maggiormente le età più avanzate della vita. In passato si aveva la tendenza a non trattare farmacologicamente pazienti di età superiore ai 75 anni considerando il bilancio rischio/beneficio maggiormente tendente al rischio.
Certamente non si desidera che la cura sia peggiore del male ed occorre talvolta avere il coraggio di non trattare. Il paziente in età geriatrica pone molte problematiche di gestione legate alle varie concomitanze patologiche che spesso si possono presentare (eventuale diabete, ipertensione, insufficienza renale, insufficienza respiratoria per citare solo quelle di più comune riscontro).
La medicina oncologica moderna mette fortunatamente oggi a disposizione del clinico un certo numero di strumenti di aggressione della massa tumorale che garantiscono un buon impatto sulla malattia rispettando le condizioni generali dell’ammalato e le sue riserve d’organo depauperate dal trascorrere degli anni.
La nuova classe di farmaci a bersaglio molecolare risulta di ottimo impiego anche in quest’ottica. Mirare il più selettivamente possibile le cellule tumorali consente di evitare il sovraccarico dei vari organi e strutture.
L’aspettativa di vita di un ultrasettantenne poi a tutt’oggi è notevolmente aumentata e pertanto vale la pena il tentativo di trattamento antiblastico specifico.
Altre metodiche come la radioterapia stereotassica e l’ipertermia hanno contribuito ad ampliare l’armamentario terapeutico in questa frangia delicata di pazienti. In particolare l’ipertermia in abbinamento ad una chemioterapia a basso dosaggio (metronomica, vedi articolo sul sito) può sortire degli ottimi effetti ed una buona efficacia nel controllo della malattia tumorale.
Nella mia esperienza quotidiana ho potuto somministrare trattamenti oncologici specifici ben oltre gli ottanta anni di età con risultati soddisfacenti se non altro nel controllo dei sintomi legati alla malattia.
Parliamo chiaro: spessissimo l’abbattimento di una sintomatologia dolorosa, il miglioramento della capacità di nutrirsi, l’aumento delle forze, rappresentano una conquista non trascurabile ed essenziale.
Il clinico non deve mai perdere di vista il paziente, accompagnandolo in un percorso difficoltoso e garantendo, qualora non vi siano possibilità di guarigione, una fine dignitosa.
Dr. Carlo Pastore