Ipertermia e qualità della vita
L’ipertermia come miglioramento della qualità della vita
L’ipertermia capacitiva in oncologia è una metodica per lo più poco conosciuta anche nell’ambito sanitario. Si tratta di riscaldare mediante una radiofrequenza l’organo (o meglio il distretto corporeo) sede del tumore e portare la sua temperatura tra i 42 °C ed i 43 °C.
A quella temperatura si innesca un meccanismo di apoptosi (cioè di morte cellulare) mediato da enzimi (le caspasi) che spezzettano il DNA. Una cellula che non può più replicarsi va così incontro a morte.
Inoltre localmente risulta potenziato (di un certo fattore non quantificabile) l’effetto della chemioterapia e/o della radioterapia concomitante. Lo sfaldamento delle cellule malate morenti favorisce l’arrivo nel distretto malato di leucociti (le cellule del sistema immunitario deputate alla nostra difesa ed alla pulizia dai detriti cellulari) attirati dalla presenza di materiale organico da smaltire.
Non solo: la liberazione di citochine (sostanze che stimolano il sistema immunitario) localmente, favorisce ulteriormente l’arrivo di cellule del sistema immunitario. L’ipertermia ha inoltre un effetto antalgico e spesso viene riferita una sensazione di benessere, di relax, durante le applicazioni.
Non se ne conosce il motivo certo ma è probabilmente un fenomeno legato alla liberazione di endorfine (sostanze morfino-simili prodotte in modo naturale dall’organismo). L’effetto antidolorifico dell’ipertermia è utile in tutte quelle situazioni di invasione delle strutture dell’organismo da parte del tumore assai dolorose o fastidiose.
Se le applicazioni vengono abbinate ad un trattamento antidolorifico farmacologico, esse ne facilitano il raggiungimento dell’area in cui serve l’effetto antalgico. Molto importante in oncologia non solo puntare ad un prolungamento della durata di vita ma anche al miglioramento qualitativo della stessa; soprattutto quando non è ipotizzabile una guarigione completa.
Dr. Carlo Pastore