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Dottore, perché non si può operare?

Dottore, perché non si può operare?

Questa è una delle prime domande che mi vengono poste quando il collega chirurgo decide di non intervenire. L’opzione chirurgica non sempre è applicabile e soprattutto non sempre subito.

Talvolta sono necessari dei trattamenti cosiddetti neoadiuvanti per diminuire la massa tumorale e renderne possibile l’asportazione. L’atteggiamento moderno alla malattia metastatica va via via cambiando e si tentano interventi prima ritenuti inimmaginabili.

Mentre un tempo non si sarebbero operate delle metastasi epatiche o polmonari oggi in casi selezionati questo è possibile. In sostanza molto dipende dalla diffusione del tumore nell’organismo nonché dalle condizioni generali del paziente.

Se le metastasi interessano più organi ovviamente cade qualunque possibilità di operabilità. Questo non vuol dire che il discorso si chiuda lì: occorre semplicemente adottare altre strategie terapeutiche.

Molto importante è salvaguardare la qualità della vita oltre la sua quantità e l’oncologia moderna tende verso la cronicizzazione della malattia tumorale. Alcuni tumori poi risultano inoperabili per definizione.

Un esempio classico è il microcitoma polmonare: esso si considera diffuso già dal momento della diagnosi ed anche se non con metastasi evidenti con probabili microfoci disseminati.

Altro criterio di non operabilità è quello legato alla infiltrazione vascolare. Un tumore che invada strutture vascolari è da considerarsi inoperabile. Analogamente un tumore che invada strutture contigue estesamente.

Un trattamento neoadiuvante può essere effettuato con profitto spesso con la combinazione di chemioterapia, radioterapia ed ipertermia.

Dr. Carlo Pastore

Microcitoma, cromogranina A, octreotide

Microcitoma polmonare, cromogranina A, octreotide

Il microcitoma polmonare (SCLC, small cell lung cancer) è una neoplasia a partenza dal sistema APUD dotata di una spiccata aggressività biologica e da considerarsi come una malattia già diffusa (sistemica) al momento della diagnosi.

 

Per tale motivo non si sottopone il paziente ad intervento chirurgico anche in presenza di una malattia apparentemente confinata. La combinazione dei trattamenti chemioterapici attualmente disponibili, della radioterapia e della ipertermia spesso portano ad un buon controllo di malattia seppur, purtroppo, spesso temporaneo.

 

I trattamenti chemioterapici anche in questa patologia sono in evoluzione seppur il cardine resta sempre la combinazione cisplatino più etoposide (il cisplatino a volte può essere sostituito dal carboplatino, meno aggressivo seppur dotato di una minore efficacia).

 

Nuova linfa vitale alla strategia terapeutica è stata fornita dal topotecan (oggi disponibile anche in una comoda formulazione orale), farmaco piuttosto efficace. Le antracicline poi giocano ancora un ruolo anche come terapia di salvataggio cioè da impiegare a ripresa di malattia.

Nell’armamentario terapeutico farmacologico è incluso a buon diritto l’octreotide (o il suo analogo lanreotide). Tale farmaco può essere impiegato se vi è positività della cromogranina A (vedi articolo) o dell’octreoscan.

Un valore elevato di cromogranina A (dosabile con un banale prelievo di sangue), od una captazione nell’esame radiologico denominato octreoscan, aprono la porta all’impiego di octreotide (o lanreotide) in abbinamento al trattamento chemioterapico selezionato.

Per quanto riguarda l’octreotide esso viene somministrato, dopo una piccola dose di induzione (sottocute) ripetuta per 10 giorni, con delle iniezioni intramuscolari da ripetere ogni 28 gg (alcuni protocolli prevedono una maggiore intensità di dose con somministrazioni più ravvicinate (anche ogni 21 giorni)).

Anche nel caso del microcitoma polmonare l’approccio multimodale (chemioterapia, radioterapia, ipertermia) consente di ottenere maggior risultato e più duraturo.

Dr. Carlo Pastore

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