Cancro del pancreas
Il tumore (carcinoma) del pancreas: un nemico silenzioso
Le neoplasie pancreatiche rappresentano una forma tumorale ad elevata aggressività e purtroppo spesso esordiscono già in una fase metastatica con localizzazioni di malattia a distanza rispetto all’organo (pancreas) da cui hanno avuto origine.
Gran parte della responsabilità per questo esordio diffuso è da attribuire alla posizione dell’organo situato in sede retroperitoneale (quindi difficilmente esplorabile con le più comuni metodiche di indagine strumentale) ed alla presenza in quell’area corporea di una ricca vascolarizzazione ed abbondanti circuiti linfatici.
Inoltre solo tardivamente spesso la malattia da segno di se, crescendo invece indisturbata nelle aree di corpo e coda del pancreas. Le neoplasie della testa dell’organo invece possono dare segni anche precoci mediante l’ostruzione delle ultime vie biliari e determinando quella situazione di ittero che fa da spia alla condizione sottostante.
L’approccio migliore per la cura della patologia è multidisciplinare.
La prima valutazione riguarda l’operabilità; teoricamente possibile se la lesione primitiva non sconfina rispetto al limite anatomico dell’organo, se non vengono infiltrate le strutture vascolari circostanti e se una TC total body con mezzo di contrasto non dimostra già la presenza di metastasi a distanza.
Molto discusso in questo momento il tema dell’eseguire comunque, anche a neoplasia tecnicamente resecabile, una terapia neoadiuvante (chemioterapia +/- radioterapia +/- ipertermia). Il razionale sarebbe legato al verificare se a distanza di almeno tre mesi la neoplasia si è ridotta e non sono comparse nuove localizzazioni in altri organi; a quel punto sarebbe pienamente giustificata la rimozione chirurgica con buone prospettive di risoluzione.
Per quanto riguarda la chemioterapia i preparati più impiegati sono la gemcitabina, il nab-paclitaxel, l’oxaliplatino, la capecitabina, il 5-fluorouracile, l’irinotecano.
Recentemente nuove armi a bersaglio molecolare si stanno affiancando ai “vecchi” agenti citotossici ed esse sono l’erlotinib, il cetuximab ed il bevacizumab (riguardo questo ultimo preparato a scopo antiangiogenetico i risultati in termini di efficacia non appaiono ancora definitivi). In genere si impiegano combinazioni da due in su di tali farmaci, abbinando spesso i classici citotossici con i più recenti agenti biologici.
Ulteriore approccio futuribile (previa anche valutazione di determinate caratteristiche istologiche del singolo tumore) è in immunoterapia (nivolumab o pembrolizumab).
Spesso poi i tumori del pancreas posseggono una componente neuroendocrina spiccata che può essere valutata con il dosaggio plasmatici della CgA (vedi articolo sul portale web www.ipertermiaitalia.it) o con un octreoscan (procedura di diagnostica per immagini).
Qualora sia presente tale componente, è possibile aggiungere alla chemioterapia un trattamento con octreotide (o lanreotide), gravato da scarsi effetti collaterali e rappresentante un valore aggiunto. Il trattamento antiblastico farmacologico può essere affiancato ad una radioterapia locale (anche nella sua variante cyberknife) o su metastasi sintomatiche.
A tutto ciò è possibile abbinare l’ipertermia capacitiva. L’ipertermia potenzia l’effetto tanto dei chemioterapici quanto della radioterapia (vedi cenni bibliografici nel presente scritto). Si effettuano dieci applicazioni ripetibili a giorni alterni, possibilmente in concomitanza con gli altri trattamenti.
Questo approccio multimodale consente nella migliore delle ipotesi l’eradicazione della patologia, in alternativa di ritardare la progressione di malattia, di limitarne l’estensione e di controllare egregiamente la sintomatologia, in particolare quella dolorosa connessa all’infiltrazione massiva dei plessi nervosi locoregionali.
Prof. Carlo Pastore, specialista in oncologia medica
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